Logo  Parco Archeologico Naxos Taormina
 
Parco Archeologico Naxos Taormina
 
  • Traduzione by Google Translate

  • Il Museo di Naxos


    Costruito sul Capo Schisò, sfrutta lo spazio di un fortino borbonico che ingloba un torrione costruito nel tardo ‘500 a guardia dell’imboccatura del porto, il Museo è strettamente legato al sito antico di Naxos: un tratto dell’antico muro di cinta attraversa il suo giardino, e dal museo prende inizio l’itinerario che si snoda all’interno dell’antica area urbana, utilizzando una stradella poderale e poi il tracciato della plateia B.

    Le raccolte del Museo sono formate in massima parte da reperti dagli scavi condotti nel sito da oltre 50 anni. Ad essi si aggiunge un piccolo nucleo di materiali acquistati a Taormina da P. Orsi o a lui donati o provenienti da ricerche da lui condotte, come nel caso dei corredi di tre sepolture di Cocolanazzo di Mola (scavi 1919), che, risalenti alla seconda metà dell’VIII secolo a.C. , rappresentano l’evidenza più efficace dell’incontro tra coloni greci e popolazioni locali, sicule. Sempre a P. Orsi, e alla sua attenta vigilanza sull’allora fiorente mercato antiquario di Taormina, si devono gli utensili da un ripostiglio della tarda età del bronzo di Malvagna e lo splendido elmo decorato a sbalzo (primi decenni del IV secolo a.C.) da Moio, entrambi siti della bassa valle dell’Alcantara.

    Un’ultima eccezione è costituita da un’acquisizione molto più recente. Si tratta dell’arula (530 a.C.) Heidelberg–Naxos con sfingi affrontate, ricomposta da P. Pelagatti, ricongiungendo un frammento conservato presso il Museo dell’Università di Heidelberg ed un frammento da lei stessa acquistato nel 1973 a Giardini. L’effettiva ricomposizione, avvenuta solo nel 1997, ha arricchito il Museo di un esempio notevole di coroplastica prodotta a Naxos sul finire del VI secolo a.C.

    L’esposizione segue un criterio cronologico topografico con particolare attenzione al raggruppamento di alcune classi di materiali, quali soprattutto le lastre di rivestimento architettonico e le antefisse a maschera silenica, le quali rappresentano una delle produzioni più significative della città. Con diversi tipi, essa si sviluppa ininterrotta a partire dagli ultimi decenni del VI a.C. (Sileno A) sino a tutto il V a.C. (Sileni B e C), offrendo una testimonianza efficace della diffusione del culto di Dioniso, la cui immagine caratterizza la monetazione di Naxos sin dalle prime emissioni.

    Le sale d’ingresso sono dedicate alle fasi preistoriche del sito e all’iniziale fase coloniale. La splendida coppa di Stentinello, trovata non lontano dal Museo, documenta l’inizio della vita nel sito nel Neolitico con un villaggio di capanne sul Capo. I due grandi pithoi della prima età del bronzo appartengono a due tombe che, con scheletro rannicchiato all’interno, furono scoperte all’interno del santuario sud-occidentale. Più abbondante è la documentazione della media e tarda età del bronzo (facies di Thapsos), allorché un grosso villaggio fortificato si estendeva sulla penisola, nell’area ora occupata dal Castello.

    Tra i materiali più antichi della colonia un posto di rilievo occupano le importazioni corinzie, ed in particolare i numerosi frammenti di coppe del tipo di Thapsos (740-700 a.C.). Così denominate dal sito vicino Siracusa ove fu rinvenuto il primo esemplare, sono coppe profonde, usate sia per bere che per mangiare, caratterizzate da uno stretto pannello decorato, inquadrato da linee orizzontali. In associazione con la ceramica corinzia tardo-geometrica si trova ceramica di importazione euboica ed in misura maggiore di imitazione, prodotta a Naxos all’indomani della fondazione. Il repertorio di forme è molto ampio: dalle grandi anfore su piede, ai numerosi crateri, taluni con becco di versamento, louteria, ai molti tipi di coppe, -e tra queste notevoli quelle a uccello singolo – alle lekanai, ai piatti di diverse dimensioni, sino alle brocche a collo tagliato, forma di inconfondibile derivazione euboica. La componente cicladica rimane ancora poco visibile: nella diffusa utilizzazione nella necropoli delle idrie (vasi per attingere e trasportare acqua) è forse da riconoscere un influsso dalle isole delle Cicladi. Alcuni esemplari di idrie sub–geometriche dalla necropoli settentrionale sono esposte accanto ad altri corredi dei primi decenni del VI secolo a.C. Le anfore da trasporto arcaiche sono sempre dalla necropoli, dove sono state scoperte, soprattutto riutilizzate per inumazioni di bambini.

     

     

    Top